Disturbi alimentari e terapia bioenergetica
Disturbi alimentari e terapia bioenergetica*
Le nuove scoperte neurobiologiche sul malfunzionamento degli
ormoni che regolano la fame e
l’appetito, o quelle che riguardano la depressione che si presenta nei
disturbi alimentari così come quelle relative ai diversi modi di trattarla,
quando sono integrate nella nostra conoscenza di base di tali disturbi, può
renderci capaci di fornire un aiuto psicoterapeutico migliore che in passato.
Le psicoterapie orientate sul corpo sono particolarmente adatte a lavorare con
i disturbi alimentari, proprio in quanto leggono il corpo, interpretano i suoi
segnali e aiutano così il/la paziente a sentire di nuovo il proprio corpo, a
piacersi, a essere gentili con esso e, infine, a conquistare un’immagine del
proprio corpo sana e realistica. (p.100)
Il programma efficace in 7 passi per una psicoterapia
centrata sul corpo (p.100)
1.
Nella
prima seduta, come regola, segnalo al/lla paziente che non discuterò mai né
farò domande riguardanti il cibo, il comportamento alimentare o il peso, a meno
che non sia lei/lui a sollevare l’argomento, e che non offrirò consigli sulle
diete, che non dovrà salire su una bilancia davanti a me, né attenersi a un
protocollo sulle quantità di cibo assunte. Lascio il controllo al/la paziente.
Ciò viene molto apprezzato dato che a questi pazienti non fanno che parlare del
mangiare e del non mangiare.
2.
I
pazienti con disordini alimentari hanno una scissione tra il corpo e la testa.
Vedono il corpo come un nemico e come una responsabilità ingombrante, di
conseguenza non percepiscono il proprio corpo e quest’ultimo non è vibrante.
3.
E’
importante lavorare con loro a livello corporeo il più presto possibile per
riportare la vita nel corpo. Gli esercizi che li aiutano a vibrare sono i più
adatti a far loro percepire di nuovo il corpo.
4.
Ma
dobbiamo anche ricordare che questi pazienti sono estremamente diffidenti,
cosicché la costruzione di una relazione terapeutica basata sulla fiducia ha la
priorità sul lavoro corporeo. Tutto ciò richiede a noi terapeuti: pazienza,
empatia, tatto e sensibilità.
5.
Di
man in mano che, nel corso delle sedute, la storia di vita si dispiega, ci
rendiamo conto con cosa ha a che fare in realtà la loro fame. Essi hanno
finalmente la possibilità di regredire fino a quello stadio.
6.
Inoltre,
è necessario che noi valutiamo il grado di depressione del/la paziente e che
portiamo alla luce questa condizione. Sullo sfondo ci possono essere dei
pensieri suicidari che svolgono un ruolo di tentazione. Può essere utile, a
volte, utilizzare un antidepressivo come la fluoxetina (Zoloft, Paxil, Prozac) per
un certo periodo di tempo. Ovviamente questa resta una decisione del/la
paziente e richiede una prescrizione medica. Più velocemente si tira fuori
il/la paziente dalla depressione, più velocemente si fornisce un punto di
partenza alla terapia.
7.
E’
anche importante lavorare sulle risorse che, alla fine, prenderanno il posto
occupato fino a quel momento dal cibo (o dall’aria nell’anoressia nervosa) o da
comportamenti nocivi. La riscoperta della propria creatività risolleva
grandemente l’autostima e porta gioia nell’esistenza della persona.
Sintesi del programma in 7 punti
(p.101):
1.
Non
discutere di cibo, diete, modelli relativi al mangiare e al peso.
2.
Costruire
una relazione terapeutica basata sulla fiducia e istruire il/la paziente sul
suo disturbo.
3.
Dare
nome alla depressione e dare spiegazioni su di essa.
4.
Lavorare
a livello corporeo per recuperare vibrazione e vitalità.
5.
Focalizzazione
sulla fame reale e sulle sue origini.
6.
Lavorare
sulle risorse (creatività, interessi, talenti, impegno sociale, ecc.).
7.
Controllare
di quando in quando che le sensazioni di fame e di sazietà stiano tornando alla
normalità.
* Appunti da “Patients with eating disorders:
Bodies without vibrance. (Integrations of neurobiological findings into
bioenergetic therapy)” (Pazienti con disturbi alimentari: corpi senza
vibrazione vitale. (Integrazione delle scoperte neurobiologiche nella terapia
bioenergetica) di Christa Ventling, Journal of Bioenergetic Analysis, vol.14,
n.1, Spring 2004, pp.87-104.
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