Da Platone ad Arianna-Metis. Il viaggio per cambiare il paradigma occidentale.

Quando si studia Filosofia, a livello universitario, si fa sempre riferimento a Platone, da lui tutto parte e ritorna. Il famoso studioso di Logica matematica, l'inglese Alfred N. Whitehead (1861-1947), affermò una volta che i duemilacinquecento anni di storia della Filosofia non erano stati che una lunga serie di "chiose" a margine di Platone. Questa visione a me, studentessa universitaria all'ultimo anno, parve un vero labirinto desolante, da cui mi piace pensare che mi tirò fuori proprio Arianna, porgendomi benignamente il suo proverbiale "filo" nella forma di un piccolo libro.
Ella pose, dunque, nelle mie mani un libricino dal titolo "La nascita della filosofia", scritto da Giorgio Colli (1), docente di Filosofia antica e curatore dell'Archivio Nietzsche. Da allora, questo libricino è sempre vicino a me, nel mio comodino. Ne fui catturata dalle prime righe:"Le origini della filosofia greca, e quindi dell'intero pensiero occidentale, sono misteriose (il corsivo è mio). (...) Platone chiama 'filosofia', amore della sapienza, la propria ricerca, la propria attività educativa, legata a un'espressione scritta, alla forma letteraria del dialogo. E Platone guarda con venerazione al passato, a un mondo in cui erano esistiti davvero i 'sapienti'. (...) Amore della sapienza, non significava infatti, per Platone, aspirazione a qualcosa di mai raggiunto, bensì tendenza a recuperare quello che era già stato realizzato e vissuto. (...) Sapiente è chi getta luce nell'oscurità, chi scioglie i nodi, chi manifesta l'ignoto, chi precisa l'incerto." (2)

Per capire a chi si riferiva Platone occorreva, secondo Colli, lanciare uno sguardo alle sue spalle, in una "tradizione, in gran parte orale, già evanescente e fioca per lo stesso Platone: "(...) E' alla più remota tradizione della poesia e della religione greca che bisogna rivolgersi"(3), proseguendo là dove Nietzsche si è fermato, andando oltre le immagini di Apollo e di Dioniso, con le quali egli ci ha fornito un'affascinante interpretazione del sorgere della tragedia greca ed una nuova visione della grecità nel suo complesso. " Un passo celebre e decisivo di Platone ci illumina al riguardo, si tratta del discorso sulla "mania", sulla follia, che Socrate sviluppa nel Fedro. In questo dialogo, subito all'inizio si contrappone la follia alla moderazione, al controllo di sé, e, con un'inversione paradossale per noi moderni, si esalta la prima come superiore e divina. Dice il testo: i più grandi fra i beni giungono a noi attraverso la follia, che è concessa per un dono divino...infatti la profetessa di Delfi e le sacerdotesse di Dodona, in quanto possedute dalla follia, hanno procurato alla Grecia molte e belle cose, sia agli individui sia alla comunità."(4). Dunque, gli antichi "sapienti" erano anche donne, le sacerdotesse dei culti incentrati sulla divinazione, se la follia sacra, che fa da sfondo al fenomeno della divinazione, andava considerata come matrice della sapienza.
Il titolo del secondo capitolo del libricino mi colpì come un'ulteriore illuminazione:"La signora del labirinto". Inizia così:"C'è qualcosa che precede anche la follia: il mito rimanda a un'origine più remota.", a cinque secoli prima che il culto di Apollo sia introdotto a Delfi, poco dopo la seconda metà del secondo millennio a.C. "Pausania ci parla di un Dioniso cretese, nel cui recinto sacro di Argo il dio stesso diede sepoltura ad Arianna, quando essa morì. Arianna è dunque una donna, ma anche una dea, secondo una testimonianza scritta, addirittura primordiale, 'la Signora del Labirinto'. Questa duplice natura, umana e divina, di Arianna, questa sua ambiguità radicale, ci attrae verso un'interpretazione simbolica di quello che è forse il più antico mito greco, il mito cretese di Minosse, Pasifae, il Minotauro, Dedalo, Teseo, Arianna e Dioniso."(5).
Fin qui, Colli. Pochi anni dopo, nel primo numero di "Memoria. Rivista di storia delle donne.", dedicata a favorire il bisogno di radicamento e di articolazione del desiderio di conoscenza espresso dal movimento delle donne, mi imbatto in un'altra traccia che mi galvanizza: la ragione dell'età omerica e arcaica non era ancora il "logos" riservato agli uomini, ma la "metis", "che pur con particolari caratteristiche e all'interno di ambiti di applicazione ben precisi, apparteneva anche alle donne."(6). Nella bibliografia era indicato il testo di riferimento, scritto da Marcel Detienne e Jean-Pierre Vernant:"Le astuzie dell'intelligenza nell'antica Grecia"(7). Mi precipitai a leggerlo. E quale felice senso di sorpresa quando, poco tempo dopo, nella voce "Labirinto" dell'Enciclopedia Einaudi, curata da Pierre Rosenstiehl, eminente matematico, mi fu proposta la connessione tra: il labirinto, Arianna e la metis!
Seguite con me l'esposizione di Rosenstiehl, il quale, a sua volta, segue il viaggiatore nel labirinto:"...è proprio il viaggiatore a fare il labirinto...", in quanto il labirinto è "lo spazio che si sviluppa davanti al viaggiatore che procede senza mappa nel reticolo...", utilizzando l'astuta intelligenza, la metis, in un cimento che appare "come un rituale iniziatico". L'astuta intelligenza, la metis, s'incarna leggendariamente in Arianna. (...) Dalla metis è nata la labirintologia matematica."(8)
Veniamo, ora, al testo di Detienne e Vernant:"La metis è una forma di intelligenza e di pensiero, un modo di conoscere: essa implica un insieme complesso, ma molto coerente, di atteggiamenti mentali, di comportamenti intellettuali, che combinano l'intuito, la sagacia, la previsione, la spigliatezza mentale, la finzione, la capacità di trarsi d'impaccio, la vigile attenzione, il senso dell'opportunità, l'abilità in vari campi, un'esperienza acquisita dopo lunghi anni, essa si applica a realtà fugaci, mobili, sconcertanti e ambigue, che non si prestano alla misura precisa, né al calcolo esatto, né al ragionamento rigoroso. (...) Essa appare sempre più o meno 'in profondo', immersa in una pratica che non si preoccupa mai, anche quando l'utilizza, di renderne esplicita la natura né di giustificarne il modo di procedere."(9)
A questo punto, concludo, per ora, proponendovi di immaginare uno scenario in cui il "logos", il cosiddetto "ragionamento rigoroso", non più monopolio esclusivo degli uomini, si ponga in posizione ancillare rispetto alla metis, e ne dia testimonianza nell'unico modo in cui ciò è possibile: gettando su di lei una qualche luce in cui, comunque, essa nel momento stesso in cui si svela, si ri-velerà, sfuggendo ad ogni presa definitiva - la sua è una natura di ninfa! - perchè, in ultima analisi, essa è tutt'una con la complessità stessa della nostra esperienza della vita.

                            
Note bibliografiche

(1) Giorgio Colli, "La nascita della filosofia", Adelphi, 1978
(2) ibidem, op. cit., pp. 13-15
(3) ibidem, op. cit., p. 14
(4) ibidem, op. cit., pp. 19-20
(5) ibidem, op. cit., pp. 25-26
(6) Eva Cantarella, "Ragione d'amore. Preistoria di un difetto femminile.", in "Memoria. Rivista di storia delle donne.", n°1-1981, Rosenberg & Sellier, p. 7
(7) Marcelle Detienne e Jean-Pierre Vernant, "Le astuzie della ragione nell'antica Grecia", Laterza, 1984
(8) Pierre Rosenstiehl, voce "Labirinto" in "Enciclopedia Einaudi", 1979, vol. 8, pp. 8-10
(9) M.Detienne e J.-P. Vernant, op. cit., p. XI

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