I MUSCOLI BIOENERGETICI DEL BACINO

C'è una parte del corpo che rappresenta la "natura" in noi, il bacino, e che per questo motivo è stata ed è ancora vissuta con distacco e senso di rifiuto. Per rianimarla e integrarla occorre re-imparare a percepire la muscolatura interna che la fa muovere e che, quindi, la rende viva. Sarà un caso, per esempio, che soprattutto le donne soffrano di stitichezza? Sembra proprio di no, dato che il controllo sulla natura, tipico della civiltà occidentale, passa prima di tutto sul controllo della natura nelle donne. Perseguire "scientificamente" il distacco delle donne dalla natura è stato il modo principale di dare origine alla specificità occidentale. Soprattutto insegnare alle donne a considerare le mestruazioni una malattia e una disgrazia, è stato e continua ad essere lo strumento principale del disegno occidentale di dominio sulla natura. Le mestruazioni e la ciclicità mestruale rappresentano, infatti, la potenza della natura dentro le donne. Riconciliarsi con le mestruazioni e farne la base della propria identità di donne è la strada maestra per risanare la lacerazione occidentale.

I muscoli interni del bacino, quelli che non hanno come scopo movimenti nello spazio esterno, sono il tesoro di cui riappropriarci, sia che siamo donne sia che siamo uomini. Facciamone la conoscenza. Il bacino ha un'architettura affascinante: è delimitato in alto dal muscolo diaframma, o diaframma toracico, e in basso dal pavimento pelvico, o diaframma pelvico. Tra di loro ci sono i muscoli addominali profondi, quelli che danno vita al cosiddetto "torchio addominale", in grado di spingere fuori le feci, e che dimostra tutta la sua potenza nel momento espulsivo del parto. Proprio l'ignoranza della potenza dei muscoli interni del bacino rende le donne insicure nell'affrontare il parto e a far loro scegliere di consegnarsi troppo frequentemente ai ferri chirurgici del parto cesareo. La gravidanza e il parto avvengono nel bacino, proprio il luogo del corpo rispetto al quale viene insegnato alle donne a provare diffidenza. L'interno del bacino, a cominciare dalla vagina, continua a rappresentare qualcosa di oscuro, di sporco, di infido, qualcosa che ha a che fare con la nostra "animalità", qualcosa di cui vergognarci.

Proviamo, invece, a immaginare il bacino come il più bel luogo naturale che amiamo, un luogo caratterizzato dall'incontro della luce e dell'oscurità, dell'acqua e del fuoco: come un bosco con una fonte, o come una grotta marina con un'apertura in alto da cui entra la luce del sole per baciare le onde interne e suscitare riflessi incantati. E cominciamo a respirare profondamente nello scenario che ci è apparso. Poniamo una mano sullo stomaco per percepire meglio il movimento del diaframma toracico che scende e sale per far riempire e per svuotare la parte bassa dei polmoni, quella più capiente. Poi concentriamoci sui muscoli del pavimento pelvico. Stringiamo forte come quando vogliamo trattenerci dall'urinare, e poi rilassiamo. Per individuare meglio i muscoli in questione, può essere utile esercitarsi al momento in cui sentiamo lo stimolo di urinare, e in quel momento esercitarci intenzionalmente a mantenere chiuso lo sfintere uretrale per qualche momento prima di urinare. Quando abbiamo raggiunto una buona percezione del pavimento pelvico, possiamo procedere al di fuori del momento dello stimolo ad urinare. Stando sedute/i su qualcosa di morbido, chiudiamo e apriamo il pavimento pelvico, così da sentire, anche attraverso il contatto con una base morbida, il cambiamento di sensazioni quando il pavimento pelvico è contratto e quando è rilassato. Contraiamo contando fino a 5 e poi rilasciamo e contiamo fino a 5, per 10 volte, poi ci fermiamo e ascoltiamo le sensazioni, imparando la differenza tra la contrazione e il rilassamento. Notiamo che quando il diaframma pelvico si apre scende anche, e così quando si chiude risale un po'. Chiudiamo i pugni durante la contrazione e apriamoli durante il rilassamento, questo ci farà collegare l'esercizio del pavimento pelvico al senso di padronanza di noi stesse/i. Poi, facciamo una sequenza veloce di chiusure e di aperture, come se stessimo pompando energia verso il basso e verso l'alto dal pavimento pelvico in tutto il resto del corpo, per dieci volte, chiudendo e aprendo i pugni. Quindi, ci riposiamo e ascoltiamo le sensazioni.

Adesso costruiamo il ponte tra il diaframma toracico e il diaframma pelvico, andiamo a conoscere i muscoli addominali profondi, i veri sconosciuti della nostra esplorazione. Mettiamo una mano sullo stomaco e l'altra sull'ombelico. Cominciamo a far scendere il diaframma toracico, quindi cominciamo anche a spingere verso il basso con gli addominali profondi- soprattutto con il muscolo traverso dell’addome - e quindi apriamo il diaframma pelvico. Poi, risaliamo chiudendo il pavimento pelvico, ritirando in dentro la pancia e in alto il diaframma toracico, fino a farlo rientrare nella gabbia toracica, con un senso di apnea da cui ripartirà il riflesso della respirazione grazie alla sensibilità del centro frenico. Questo riflesso è la manifestazione della spinta vitale dentro di noi. Infatti, la respirazione è l'attività fisiologica di confine per eccellenza, nel senso che è la funzione fisiologica in parte volontaria e in parte involontaria - infatti non possiamo volontariamente smettere di respirare! - su cui da sempre tutte le culture tradizionali impostano lo sviluppo della tendenza umana all'armonia, intesa come dialogo e alternanza tra gli opposti che è la legge fondamentale della natura, dentro e fuori di noi.


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