IL VOLTO CANGIANTE DELLA SOLITUDINE

La solitudine come effetto dei
tempi e degli spazi alienati del ciclo produzione-consumo
La solitudine come carenza di comunicazione e di intimità emotiva.
La solitudine come espulsione-ritiro dal gruppo e come sradicamento.
La solitudine come ricerca del senso dell'esistenza e incontro con se stessi/e.
La solitudine come laboratorio dell'immaginazione e della memoria.
La soltitudine come immersione totale nella natura e nell'arte.

"Era solo. Era abbandonato, felice, vicino al cuore selvaggio della vita.
James Joyce"

Commenti

Marina Mayer ha detto…
Cara Livia,
stasera i tuoi post sono particolarmente stimolanti, ma andiamo con ordine.
Comunque tu la voglia definire/catalogare questa orrida solitudine colloca il soggetto che ne è colpitoin una situazione dolorosa, comunque malinconica. Qualcosa che ricorda le filosofie romantiche dell'Ottocento.... E questo è il rischio.
Secondo me, il ciclo produzione/consumo porta a danni differenti (e peggiori, molto peggiori), se a qualcosa di simile alla solitudine vogliamo alludere, allora potremmo definire la conseguenza l'isolamento - per scelta o come patimento - comunque qualcosa di senz'altro peggiore rispetto alla solitudine.
Carenza di comunicazione e intimità emotiva, mi sembrano poi più degli effetti che non delle cause; effetti di un altro diverso disagio esistenziale o caratteriale o psicologico o psicotico. E in questo senso - sempre secondo il mio parere *** - anche la terza accezione, quella relativa all'espulsione/ritiro dal gruppo è effetto di altro.
Definisco poi "solipsismo romantico" definire la solitudine come ricerca del senso dell'esistenza e incontro con il sè. Ho praticando a lungo questa esperienza - permettimi di citare il personale - e definirei questa accezione di solitudine una scelta determinata da gravi problemi, e quindi ancora un effetto.
Posso salvare - con un sorriso infantile - la solitudine nella contemplazione della natura o di un'opera d'arte, ma questa solitudine è veramente voluta? In realtà chi, potendo godere di uno spettacolo marino, o montano, di emozionanti sensazioni, preferisce goderne da solo? CHi è condannato a farlo, credo.
E veniamo a quello che ho lasciato per ultimo... Tu scrivi: La solitudine come laboratorio dell'immaginazione e della memoria.
Queste immaginazioni e memoria di cui tu parli, mi sembrano quasi la fucina dello scrittore, dell'artista. Vedo questo creativo che si isola dal circostante per produrre la sua opera, fatta anche di immaginazione e di memoria (perchè sono queste le materie dell'artista, insieme a un pizzico di creatività; giusto un pizzico, per bilanciare la miscela...), ma - oltre al rispuntare di un'immagine cara ai Romantici - devo osservare che questa solitudine è un po' poco, occorre isolamento, e distacco, e feroce separazione da tutto ciò che in qualche maniera potrebbe "inquinare" il momento catartico della creazione...
Va bene, ho detto la mia, ma aspetto un congruo contraddittorio... ; ))
Grazie per l'attenzione
Giulia Maier

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