Intimità e sapienza relazionale

Ho scritto, qualche tempo fa, sulla "simpatia per l'antagonista", ora, vorrei scrivere sulla simpatia per coloro che ci suscitano desiderio di vicinanza. Troppo spesso li/le maltrattiamo e ne riceviamo maltrattamenti, troppo spesso lasciamo morire o vivere stentatamente la pianta dell'intimità.

La dimensione affettiva è abbandonata a se stessa, così come la dimensione intellettiva, non c'è coordinazione tra loro, solo frammentazione, e così non possono integrarsi, collaborare e dare vita ad atteggiamenti maturi, equilibrati, nel senso di armonia tra tendenze opposte.

C'è stato anche chi ha fatto successo affermando: "Và dove ti porta il cuore."! Ho visto e vedo troppe persone finire nel fosso della depressione grazie a questo consiglio semplicistico. Una società affetta da arroganza intellettuale così come da sentimentalismo, ecco il problema, ecco la diagnosi che condivido. E allora?

Sentimentalismo, sì, non capacità di trattare i sentimenti con rispetto e cautela, i propri e quelli degli/lle altri/e. Sentimentalismo come quello che ha coniato la frase di successo suddetta. Si dice che la nostra società ha bisogno di "educazione ai sentimenti", sono d'accordo, ma ritengo si debba aggiungere che ha bisogno, allo stesso tempo, di fare chiarezza su quella malattia affettiva che si chiama "sentimentalismo", così diffusa da essere di difficile messa a fuoco.

Il sentimentalismo è una intellettualizzazione e drammatizzazione dell'affettività, come quando, invece di restare nel sentire e nella vulnerabilità che questa posizione comporta, si entra nel "ruolo" di chi ama o di chi è stato/a ferito/a con grande utilizzo di paroloni e di toni e gesti altisonanti. Insieme al rifiuto di contattare i sentimenti e alla loro svalorizzazione, siamo di fronte alle due espressioni più diffuse di immaturità affettiva.

Ritorno al tema iniziale, alla simpatia per coloro che ci suscitano desiderio di vicinanza. Quando viviamo momenti di intimità emotiva e/o fisica con qualcuno, non siamo educati/e a gestire costruttivamente queste esperienze tanto potenti, e la paura che ci suscitano ci spinge a comportamenti immaturi e deleteri per la costruzione e lo sviluppo di un rapporto vivo e creativo.

Non siamo educati/e perché la nostra società è priva di una cornice di senso che contempli la complessità dell'esperienza. Non veniamo cresciuti/e nel senso del mistero e della meraviglia per la ricchezza dell'esperienza esistenziale fatta di intrecci tra vissuti opposti-complementari.

"Ragione" e "Amore" sono i due idoli dell'Occidente, solo apparentemente avversari, in realtà, si tratta delle due facce di una stessa decadenza, fatta di semplificazioni sbandierate con arroganza, come fossero conquiste rispetto alla supposta arretratezza di altre visioni del mondo e della vita.

Occorre ripartire dalla paura che ci provoca l'intimità emotiva e/o fisica non solo con un'altra persona, ma anche con noi stessi/e. Entrare profondamente in contatto con noi stessi/e richiede strumenti e solidità. Più riusciamo ad essere in contatto profondamente con noi stessi/e, più lo possiamo essere con un'altra persona. Accogliere il nostro mistero, da cui emergono sensazioni e sentimenti, scenari e parole, ci permette di accogliere l'altro/a. Ma ci vuole qualcuno che ci guidi.LG 12/04/09

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